Tra il 1991 e il 2018 oltre un terzo di tutti i decessi legati al caldo estremo è da attribuire al riscaldamento globale indotto dall’uomo. Lo studio “The burden of heat-related mortality attributable to recent human-induced climate change”, pubblicato su Nature Climate Change, ha utilizzato i dati di 732 località in 43 Paesi per calcolare il numero di decessi attribuiti a livelli di calore superiori alla temperatura ideale per la salute umana, che varia da località a località.

Con l’aumentare delle temperature, ondate di calore più intense e frequenti colpiscono in modo sproporzionato le persone anziane e quelle con condizioni croniche sottostanti come l’asma, rendendole più vulnerabili alle malattie e alla morte prematura.

I ricercatori hanno esaminato le condizioni meteorologiche del passato simulate in scenari con e senza emissioni innescate dall’attività umana, consentendo loro di separare il riscaldamento e il relativo impatto sulla salute legato all’attività umana dalle tendenze naturali. Nel complesso, hanno riscontrato che il 37% di tutti i decessi legati al calore nelle località studiate erano attribuibili all’attività umana, con i maggiori contributi indotti dai cambiamenti climatici (oltre il 50%) sono stati nell’Asia meridionale e occidentale (Iran e Kuwait), nel sud Asia orientale (Filippine e Tailandia) e America centrale e meridionale.

Questi dati suggeriscono che gli effetti sulla salute si stanno già facendo sentire anche in queste fasi relativamente iniziali di potenziali cambiamenti catastrofici del clima. Altri problemi di salute sono associati alle alte temperature, come i ricoveri ospedalieri provocati da complicazioni cardiovascolari o respiratorie.

Ciò evidenzia l’imperativo di un’azione globale per ridurre le emissioni di gas serra. L’anno scorso, nonostante un calo del 7% nella combustione di combustibili fossili a causa dei lockdowns legati alla pandemia da Covid-19, le temperature globali sono risultate di 1,2 °C al di sopra dei livelli preindustriali, molto vicino all’obiettivo di 1,5 °C fissato globalmente, oltre il quale si ritiene che anche mezzo grado aggravi in ​​modo significativo i rischi di siccità, inondazioni, caldo estremo e povertà per centinaia di milioni di persone.